Anche la frammentazione in tanti Regna
e la conseguente frammentazione giurisdizionale sono un aspetto non
sottovalutabile della volgarizzazione, giacché si pongono come netta cesura
rispetto all’ideale classico di universalismo del diritto romano.
L’addio definitivo al mondo classico può essere individuato nella “migrazione”
del popolo longobardo al di qua delle Alpi nel 569, pochi anni dopo la morte di Giustiniano del 565.
Popolo di origine germanica, essi si erano stanziati dapprima in Pannonia (Ungheria) intrattenendo
alcuni rapporti con l’impero che rimasero, tuttavia, superficiali. Il loro
processo di “romanizzazione” fu, pertanto, meno incisivo rispetto ad altri
popoli.
Lo stanziamento in Italia, sotto la guida del re Alboino, avvenne rapidamente e in maniera non omogenea,
tralasciando le parti costiere della penisola. Sembra, tuttavia, che la
necessità di assoggettarsi ad un re-condottiero sia stata
avvertita dai Longobardi solo fin tanto che servì una figura di riferimento che
li guidasse nelle campagne di conquista. Per il resto, il modo in cui la
società era andata strutturandosi (già prima della discesa longobarda abbiamo visto la
tendenza alla privatizzazione dei poteri pubblici) permise che il popolo in
questione potesse organizzarsi in tanti ducati
autosufficienti che non necessitavano, dunque, di una giurisdizione e
burocrazia centrali per il governo del
popolo (più
che delle terre). La sovranità dei duces
a capo di queste comunità autonome derivava la sua forza da legami di fedeltà
tipici proprio degli eserciti romano-barbarici.
Le fonti scritte che testimoniano la vita e le usanze di questo popolo,
però, non sono molte:
- -Documenti conservati negli archivi delle chiese, e dunque
orientati tutti nel medesimo senso di rispondere alle esigenze di certezza dei
rapporti giuridici intercorsi tra i cittadini e gli enti ecclesiastici stessi;
- -La “Storia dei Longobardi” di Paolo Diacono (780);
- - L’editto di Rotari;
- - Alcuni scritti di Gregorio
I Magno, papa, che ne critica immoralità e rozzezza (è proprio all’inizio della
dominazione longobarda, tra l’altro, che il Papa, a cui di norma era demandato
l’esercizio del potere spirituale, sentendosi in dovere di supplire alla
mancanza di governo centrale in quanto “funzionario dell’impero romano”, cominciò
per contingenze storiche ad
esercitare di fatto anche un potere
temporale sui territori caduti in decadenza).
Questa esiguità di fonti ha permesso alla ricordata Scuola Storica una
libera e particolarmente svincolata dal dato storico interpretazione dell’Editto di Rotari quale paradigma del
complesso di istituti caratterizzanti l’antico diritto germanico.
Secondo i germanisti, era innanzitutto il concetto di legge stessa che,
presso i germani, veniva a differenziarsi rispetto a quello classico del
diritto romano. Mentre la legge era, a Roma, un’imposizione
dell’imperatore-legislatore ed espressione scritta della sua volontà (Quod principi placuit legis habet vigorem), l’Ewa, la legge germanica, sarebbe stata
l’accordo tra il sovrano ed il popolo e dunque espressione diretta del Volkgeist.
Tale interpretazione viene criticata da Cortese svolgendo un’analisi
filologica della parola utilizzata per indicare la cerimonia con cui venne
promulgato l’editto: Gairethinx.
Secondo la vecchia germanistica, in concordanza con i presupposti appena
esposti, e riprendendo un vecchio racconto di Tacito, il gairethinx sarebbe
stato una cerimonia mediante la quale il popolo in armi riunito in assemblea (thinx) approvava la
legge battendo le lance (gaire) sugli scudi. Tuttavia, Cortese nota come la parola thinx sia la stessa utilizzata nell’editto
per indicare i riti simili a quelli romani della mancipatio e dell’emancipatio
degli schiavi. D’altro canto, sembra probabile che la radice della parola sia
la stessa che nelle lingue germaniche indicherebbe la “cosa” (thing, eng. e ding, de. ). Thinx, allora,
null’altro sarebbe che un negozio formale utilizzato per trasferire cose di
grande valore. Stando così le cose, l'Editto stesso non fu un accordo tra il re ed il suo
popolo ma un dono che egli concesse a quest’ultimo ricorrendo alla cerimonia
rituale che suggellava la stabilità della donazione: la thinx, per l’appunto.
Per capire cosa spinse gli arimanni a chiedere al proprio re quest’Editto
bisogna guardarne il contenuto. L’obiettivo principale di questa legge fu
risolvere, comporre, le controversie, che spesso sfociavano in faide tra
famiglie: le norme in esso contenute, infatti, rappresentano un sistema di
semplificazione della faida. Esso contiene ad es. un “listino prezzi” delle varie offese.
È allora nella stessa ottica che la legge longobarda “stilizzò” lo scontro
tra famiglie semplificandolo nel duello
o, addirittura lasciando decidere “al caso”, come nelle ordalie. NB In realtà
nel processo ordalico, nonostante le critiche da parte di alcuni ecclesiastici
contemporanei, si ravvisa una forte presenza ed un forte condizionamento
religioso: i principi del processo romano classico svaniscono di fronte ad una
società in cui la presenza di Dio è avvertita come costante. Non ha più senso,
in questa visione, mettere a confronto ed a contrasto due parti ma si affida
l’intero processo decisionale alla volontà di Dio che si crede manifestarsi con
segni esteriori. L’ordalia, tipico modo antigiuridico
di risolvere una controversia, è quindi un altro esempio di allontanamento
dalla mentalità giuridica classica.
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